Agorà

i 900 anni dalla morte del Cardinal Longhi, il primo cardinale orobico

“Qui giace il corpo di pia memoria di Guglielmo Longhi di Adrara, cardinale diacono de titolo di San Nicola del carcere Tulliano, uomo profondamente dotto in teologia, esperto nell’uno e nell’altro diritto, peritissimo nelle scienze morali e storiche, prudente nelle iniziative, austero di costumi ed avveduto nelle azioni”, così inizia l’epigrafe posta sul monumento sepolcrale del Cardinale Guglielmo Longo, il primo cardinale orobico nella storia della Chiesa che oggi riposa nella basilica di Santa Maria Maggiore a Bergamo. Quest’anno ricorrono i 900 anni dalla morte e non poteva mancare quindi una ricerca dedicata al cardinale Longo condotta dallo storico per eccellenza di Adrara, Salvatore Tancredi, che ora passerà le sue carte sudate ad un ricercatore dell’università di Milano che ne farà una biografia più approfondita per conoscere meglio questo cardinale orobico morto ad Avignone nel 1319. “E’ stata una figura di spicco anche a Bergamo – spiega Salvatore Tancredi – per questo era giusto dedicargli uno studio approfondito che svelerà tutti i paricolari di una vita piena di sfaccettature. Nella sua vita il Longhi ha avuto a che fare con re, papi, cardinali e altre persone che hanno segnato la storia di quei tempi travagliati posti alla fine del Medioevo, il Longhi ebbe un legame stretto con gli Angioini, fu cappellano papale di Celestino V, colui che fece il gran rifiuto», come lo indica Dante, che nella Divina Commedia lo colloca nell’Antinferno tra gli Ignavi. A Bergamo realizzò la chiesa di Pontida, l’ospedale a Bergamo e la chiesa di Santo Spirito. Ora tutto questo verrà passato all’Università di Milano che concluderà ”.

La ricerca:

Non ne conosciamo la data di nascita, – spiega sempre Salvatore Tancredi – probabilmente da collocare tra gli anni Quaranta e Cinquanta del XIII secolo. Una tarda tradizione ci tramanda il nome del padre, Pietro, e della famiglia della madre, i de Canale di Caleppio. Sicuramente con quest’ultima casata e con quella degli Alessandri (de Alexandris) – entrambe ben attestate a Bergamo tra la fine del XIII e l’inizio del XIV secolo – i Longhi intrattennero stretti, benché da principio non chiaramente delineabili, legami di parentela. La famiglia Longhi è attestata nel comitato di Bergamo solo a partire dal 1156 e quasi sicuramente non appartenne alla cerchia ristretta dell’aristocrazia cittadina. Non è peraltro documentata in modo sicuro una loro derivazione dai conti di Montichiari.

Poco sappiamo circa la carriera del Longhi prima dell’ascesa al cardinalato. Dalla sua epigrafe funeraria, fatta incidere qualche anno dopo la morte del Longhi dal nipote Cipriano Alessandri, vescovo di Bergamo, apprendiamo dei suoi studi di teologia e diritto, compiuti probabilmente presso l’Università di Padova. Il Longhi fu sicuramente cappellano papale di Celestino V, che gli concesse i canonicati e le prebende presso le chiese di Chartres, Amboise e S. Angelo di Nocera istituzione dipendente dall’abbazia di Cava dei Tirreni in diocesi di Salerno.

Questi tre benefici vennero contestati in sede locale durante il pontificato di Bonifacio VIII, a causa della revoca generale che questo papa aveva fatto degli atti del suo predecessore. Nonostante ciò, le prebende furono prontamente riconfermate da papa Caetani, indizio della fiducia di cui il Longhi godette anche da parte di questo pontefice.

Senza dubbio errata è la notizia, riportata da Tolomeo da Lucca e da G. Villani, di un suo incarico quale cancelliere presso la corte angioina sotto il regno di Carlo II. Se in questo caso è probabile uno scambio di persona con il cancelliere Guglielmo di Ferrières, creato cardinale insieme con il L. il 18 settembre 1294, non è però da escludere un soggiorno prolungato dello stesso Longhi a Napoli a partire dagli anni Settanta del XIII secolo. Il suo stretto legame con gli Angioini è testimoniato comunque dall’elevazione stessa alla porpora cardinalizia con il titolo, che mantenne fino alla morte, di diacono di S. Nicola in Carcere Tulliano, avvenuta pochi mesi dopo l’elezione di Celestino V.

All’interno del Collegio cardinalizio la sua posizione fu vicina a quella di Napoleone Orsini, fautore del partito filofrancese. Se infatti nel 1295 il Longhi, come probabilmente tutti i cardinali italiani, aveva votato per Benedetto Caetani, nel conclave del 1305, la sua scelta si pose sul candidato favorito da Filippo il Bello, Bertrand de Got, eletto con il nome di Clemente V. Del suo allineamento alle posizioni dell’Orsini siamo a conoscenza grazie a tre lettere informative indirizzate al re d’Aragona Giacomo II, dai suoi emissari. L’atteggiamento politico del Longhi fu comunque contraddistinto da equilibrio, come si apprende da un’altra lettera indirizzata a Giacomo II nel 1315 dal suo ambasciatore Giovanni Lupo. Il Lupo scrisse che il Longhi non si esponeva apertamente in merito alla questione, ma per quanto riguardava questo affare e in qualsiasi altro che toccasse lui e i suoi, egli era disposto a gratificare il re e a operare fedelmente. Il Longhi, proseguiva il Lupo, è un uomo di valore, di sano consiglio e di grande cultura, ed è amico dei fatti e non delle parole.

Il Longhi risulta invece più decisamente allineato rispetto al quadro politico contrastato della sua città d’origine, ove egli promosse una serie di alleanze con famiglie appartenenti allo schieramento guelfo. In particolare il nipote Giacomo sposò Bona Colleoni. Nel 1313 inoltre il Longhi chiese e si fece garante presso l’imperatore Enrico VII in merito alla liberazione di alcuni esponenti bergamaschi catturati dalla parte imperiale.

Il Longhi fu spesso membro delle commissioni cardinalizie incaricate dalla Sede apostolica di esaminare le elezioni abbaziali in cenobi per lo più dipendenti direttamente dalla Chiesa romana. Fu inoltre incaricato dalla Sede apostolica ex commissione vive vocis oraculo facta dell’elezione diretta degli abati del monastero bresciano di S. Salvatore di Leno (1296), di S. Salvatore di Pavia (1299), di S. Pietro di Percipiano in diocesi di Tortona (1299) e di S. Onorato di Lerins nella diocesi di Grasse (1309). Svolse inoltre la funzione di auditor nelle cause, giunte in Curia su istanza di appello, per le contrastate elezioni abbaziali presso i monasteri di S. Agostino de Porta a Genova (1298), di S. Genuario di Lucedio nel Vercellese (1298) e di S. Pelagio de Altealtaria (1300), oltre che nelle dispute tra il vescovo di Castello di Venezia e il locale convento dei frati predicatori (1300) e tra il monastero di S. Crispina nel Milanese e il Comune di Pavia, che ne aveva occupato i beni (1306). Partecipò alle commissioni che esaminarono le postulazioni per l’elezione, tra gli altri, del vescovo di Gurk, in Carinzia (1299), di quello di Sisteron (1306) e dell’arcivescovo di Magonza (1306). Fu tra i cardinali sottoscrittori del trattato di Anagni (21 giugno 1295) con cui Giacomo II d’Aragona rinunciò momentaneamente a favore degli Angioini al governo sulla Sicilia; prese anche parte al concistoro pubblico in cui fu pronunciato l’arbitrato condotto dallo stesso Bonifacio VIII tra Filippo IV di Francia ed Edoardo I d’Inghilterra (30 giugno 1298).

La sua competenza giuridica e teologica fu richiesta anche in delicate cause per il riconoscimento della santità. Oltre a partecipare nel 1313 ai concistori preparatori alla canonizzazione di Celestino V, dando parere ampiamente favorevole, già nel 1300 insieme con Nicola, cardinale vescovo di Ostia e Velletri, e Giovanni, cardinale prete dei Ss. Marcellino e Pietro, fu chiamato da Bonifacio VIII nella commissione cardinalizia deputata a esaminare il caso contrastato di Armanno Pungilupo, eretico ferrarese morto nel 1295. Tale processo portò alla condanna postuma del Pungilupo che, nonostante la sua eterodossia, era oggetto di devozione popolare. Nel 1319 inoltre Giovanni XXII incaricò il L. del processo di canonizzazione di Tommaso d’Aquino, mandato che egli non portò a termine in quanto nello stesso anno morì.

Il Longhi fu inoltre molto attivo sul fronte della politica beneficiale. Oltre ai canonicati acquisiti anteriormente al cardinalato, nel maggio 1295 Carlo II lo nominò rettore e priore della chiesa di S. Nicola di Bari a cui furono uniti anche la chiesa di Ognissanti di Cuti, presso Valenzano, sempre in diocesi di Bari, e i beni, i diritti e i proventi nelle città e nel distretto di Brindisi e Bitonto, spettanti alla sede arcivescovile di Monreale (1307). Bonifacio VIII lo nominò inoltre amministratore nello spirituale e nel temporale del monastero cluniacense bergamasco di S. Giacomo di Pontida (1296) e della basilica dei Ss. Apostoli a Roma (1302), e Clemente V dei monasteri di S. Angelo in Formis, presso Capua (1308), di S. Pietro ad Aram di Napoli (1313) e di S. Colombano di Bobbio.

Presso il cenobio di Pontida, di cui egli prese pieno possesso, tanto da vietare ai visitatori dell’Ordine cluniacense, nonostante le proteste, l’accesso al monastero, il Longhi fece costruire una chiesa nuova di notevole imponenza e bellezza architettonica. L’edificio, eretto sotto la direzione di Giovanni da Menaggio, fu ultimato nel 1310 e arricchito dal L. di una preziosa reliquia, il braccio di s. Giacomo. Frutto della intensa attività edificatoria del L. sono anche due cappelle dedicate rispettivamente a S. Nicola e a Celestino V, nelle chiese bergamasche di S. Francesco, dei frati minori, e di S. Stefano, dei predicatori. Sempre in città, opera sua sono l’ospedale e la chiesa di S. Spirito e il monastero di S. Nicola di Plorzano, tutti affidati dal Longhi all’Ordine dei celestini e chiaro segno della sua devozione verso Celestino V.

Grazie alla facoltà, di volta in volta concessagli dai pontefici, di collocazione dei benefici, favorì familiari e congiunti, tra i quali Matteo Longhi, cappellano papale, canonico di Thérouanne e di Reims, arcidiacono di Bergamo e di Liegi, attivo presso la corte avignonese e intimo di Francesco Petrarca, che gli indirizzò numerose lettere.

Matteo Longhi è indicato anche tra gli esecutori testamentari del L. insieme con i cardinali Niccolò da Prato e Napoleone Orsini nel testamento rogato il 18 settembre 1316. Il documento è di grande valore in quanto permette di ricostruire la fitta trama di rapporti familiari, personali e istituzionali intessuti dal Longhi. Il Longhi morì dopo lunga malattia ad Avignone il 9 settembre 1319.

Il suo corpo fu trasportato a Bergamo e tumulato presso la chiesa di S. Francesco, nella cappella da lui stesso fatta edificare. Il monumento sepolcrale, opera di Ugo da Campione, fu trasferito nel 1843 in S. Maria Maggiore, dove si trova attualmente. Il suo desiderio, ripetutamente espresso nel testamento, di essere sepolto a Pontida non ebbe seguito forse anche per le contrastate vicende politiche che caratterizzarono Bergamo in quegli anni”.