Prima ha deciso di farsi tutta l’America, dall’Alaska fino alla terra del fuoco. Non contento ha cambiato continente andando dal Sud America fino all’Egitto dove solo la polizia egiziana lo ha fermato facendogli cambiare destinazione. Davide Travelli, avventuriero di Cenate Sotto racconta la sua avventura nell’ultimo viaggio a due ruote in Africa: “Prima ho attraversato tutta l’America, un’avventura indimenticabile molto diversa in base ai posti e agli stati attraversati. Poi ho deciso di puntare sull’Africa. Dal Sud Africa, precisamente da Capo di Buona speranza, su fino al Cairo, una serie di problemi da superare, difficoltà continue dovute al territorio impervio, alla mancanza di servizi, ma anche alla difficoltà di farsi accettare come bianco. Sono partito il 4 maggio 2018 da Cape Point precisamente, lì ho fatto qualche giro, mi sono ambientato dopo l’esperienza Americana e poi ho iniziato a risalire il continente puntando alla Namibia. Ma già all’inizio sono partito scarico dopo la fatica americana e ho avuto tutta una serie di problemi che mi hanno provato molto”.
Poco più di 16 mila chilometri attraversando Sud Africa, Namibia, Zambia, Tanzania, Kenia, Etiopia Sudan ed Egitto. “E’ stata durissima ed ho trovato un’Africa diversissima da quello che mi aspettavo, la conformazione poi del continente mi ha portato ad affrontare tantissime crisi, spesso dovute alla rottura del materiale e in parte anche alla mia condizione. Le difficoltà sono iniziate subito in Namibia dove in pochi giorni ho dovuto affrontare una serie di difficoltà, mi si era rotta una forcella, poi la tenda, il fornelletto, nello stesso giorno era mancata una persona cara ed avevo rotto con una mezza ragazza che avevo. Ricordo il video girato in Namibia mentre piangevo. Poi dalle difficoltà impari e capisci sempre come superare una crisi e le difficoltà tecniche. Quando ho rotto la forcella pensavo proprio di non farcela, alla fine invece impari e quando mi è successo una seconda volta ho saputo reagire alle difficoltà”. L’Africa e la natura incontaminata da non prendere sotto gamba. “A differenza dell’America, lì devi avere anche un occhio agli animali, alla natura selvaggia, magari non come ho fatto io che a volte campeggiavo senza curarmi dei pericoli. Lì ti può capitare di tutto e devi essere preparato, per fortuna tutto è andato bene. Poi c’è il clima che cambia continuamente, io ho viaggiato da sud a nord e ho avuto sempre il vento contro, che facendo 16 mila chilometri alla fine ti condiziona. Salendo poi le temperature arrivano anche a 50 gradi, un giorno in Egitto nel deserto a 51 gradi il telefono è esploso”. Ma c’è stato un momento nel quale Davide ha temuto veramente di dover fare le valigie e tornare a Cenate Sotto. “In Tanzania ho avuto un incidente e mi sono procurato un buco profondo al braccio. Lì non c’erano strutture ospedaliere e sono stato curato alla meglio dai medici del posto, che mi avevano consigliato anche di chiudere il viaggio e andare a casa. Lì sono rimasto fermo per 6 settimane e per fortuna la ferita non ha fatto infezione, alla fine ho ripreso il viaggio”. Difficoltà dovute alla natura, difficoltà dovute alle attrezzature che si rompono, ma la difficoltà maggiore è stata ancora dovuta all’uomo e al confronto con una pelle diversa. “La cosa che mi ha pesato di più di questo viaggio è stata quella di sentirmi tutti i giorni per tutto il giorno diverso, e la cosa ti pesa. Ogni volta te lo fanno pesare, ti fanno capire che sei diverso, per la pelle bianca, per loro era una stranezza vedere una persona in bicicletta che pedala. In Etiopia addirittura i bambini mi tiravano tranquillamente le pietre come se fosse un gioco centrare il bianco in bici. In Sudan ho avuto la fortuna di passare proprio mentre era in atto il golpe che ha portato all’arresto del presidente, anche lì una situazione abbastanza delicata. Poi è stato il turno dell’Egitto dove non avrei mai pensato di trovare una situazione del genere. Qui l’ostacolo principale è stata la polizia, ti controllano continuamente, non ti lasciano mai in pace, sono sempre molto ‘border line’ si capisce che c’è uno stato oppressivo che punta a controllare tutti, soprattutto gli stranieri. Volevo proseguire da qui e andare in Israele e Giordania ed arrivare a casa ma non sopporto veramente più la polizia egiziana. Così ho deciso di prendere un aereo, arrivare ad Istanbul e da qui proseguire verso l’Italia. Non so ancora se passerò dai Balcani facendo la costa o se invece mi inoltrerò in Romania e Bulgaria”.
Dopo aver attraversato tutto il continente africano, cosa ti porterai a Cenate di questa esperienza? “Ancora ci devo riflettere bene, sicuramente l’Africa che ho trovato è diversissima da quella che mi aspettavo di trovare, forse per dei preconcetti del tutto sbagliati sul continente africano. In altre occasioni invece trovi proprio quelle condizioni che magari leggi nei libri o vedi nei film. Partiamo dalle interazioni con le persone, qui la barriera della diversità del colore della pelle c’è e si sente, soprattutto da parte loro, difficile costruire un vero rapporto che non vada oltre le due parole scambiate, le poche occasioni di incontro approfondito si sono trasformate in amicizie che mi porterò dietro. Qui ci sono popoli, tradizioni, culture che non pensavo di trovare, magari pensiamo ad un continente senza storia, con poca cultura, invece qui ogni popolo ha qualcosa da trasmettere agli altri, tradizioni da tramandare. C’è poi l’aspetto della ricchezza di un continente sfruttato dagli europei, dagli asiatici e dagli americani, vedi le condizioni che magari vengono raccontate nei film, giacimenti di diamanti sfruttati dalle grandi compagnie, giacimenti di petrolio, materie prime depredate con le briciole lasciate ai legittimi proprietari”. Poi ci sono le ONG per le quali Davide ha un giudizio piuttosto critico. “Ci sono queste organizzazioni e pensi che siano nate soprattutto per fare del bene, per portare aiuti a chi ne ha bisogno e magari in parte è così. Poi vedi la realtà delle cose, sul campo, vedi i referenti delle ONG, ovviamente tutti bianchi, che fondano queste associazioni per garantirsi uno stipendio, per avere una casa grande 10 volte tanto quella che potrebbero permettersi in europa o in America, vedi persone che hanno il giardiniere, una guardia, persone che curano la casa, tutto ovviamente frutto dei fondi che dovrebbero andare alla gente che sta male. Vedi continui sprechi di denaro che finiscono in mille rivoli inutili e le solite briciole che arrivano invece alla popolazione. Ho imparato molto da questa esperienza in Africa, dal punto di vista umano, culturale e personale, ho capito come superare le crisi, come arrangiarmi tecnicamente”. Ed ora Davide Travelli punta decisamente a casa: “Attraverserò l’Europa e farò tappa a Cenate, la mia idea è quella di sviluppare ulteriormente i miei social, da Facebook ad instagram fino al canale youtube dove ogni settimana carico dei nuovi video. Poi magari farò un libro sui miei 4 anni in giro con la bici tra America ed Africa”, e magari chissà che da Cenate Davide non voglia tornare a pedalare, magari in Asia, Russia o Australia
Matteo Alborghetti